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      Simone Siniscalco suo cognato, inabile ad affrontar quella piena, cedendo il campo, s’era ritratto in luogo forte. Il vescovo di Mazzara mandato in Melfi, per indurre le città a tornare all’obbedienza del re, come vi giunse, confermò il popolo nella rivolta, predicando i tradimenti e le iniquità del grand’ammiraglio.
      IX. - Mentre tali cose inutilmente si facevano per acquetare la Puglia e la Terra-di-lavoro, la insurrezione cominciò a comunicarsi anche in Calabria. Il grand’ammiraglio, per ispegnere il nascente incendio, mandò colà un Matteo Bonello, il quale per esser congiunto di sangue a molti dei baroni calabresi, assai dipendenze avea nella provincia. Era costui signore di gran sangue, prode, generoso, bello della persona ed in qualunque atto d’armi niuno era in Sicilia quello valesse ch’egli. Per tali qualità sue, comechè sul primo fiore della gioventù e di natura versatile anzi che no, tutti l’onoravan di grado. Il grand’ammiraglio, per acquistare la cognazione delle più nobili famiglie, aveagli già da più anni fidanzata una sua figliuola, comechè allora fanciulla. Aspettando ch’essa fosse giunta ad età convenevole, Matteo si era dato ad amoreggiare la vedova contessa di Molise, sorella naturale del re. Il grand’ammiraglio, temendo non quella tresca lo distogliesse dallo sposar la figliuola, gli avea fatto tener l’uscio di quella casa; di che l’innamorato giovane sentiva alcun rancore. Ciò non di manco, accettato l’incarico, si recò in Calabria.
      Come vi giunse, chiamò a consesso i principali di quei baroni, e si diede ad accampare argomenti per mostrare loro false essere le voci sparse contro il grand’ammiraglio; esser lui innocente dei delitti, che gli sì apponevano.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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