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      Tali sospetti, destramente porti dagli eunuchi, facilmente appigliarono nell’animo di Guglielmo, il quale cedendo a perfide insinuazioni di quella vilissima genìa, dalla quale era in tutte l’ore accerchiato cominciò a guardar di mal’occhio il Bonello. Non osava attaccarlo apertamente; ma cominciò a chiamarlo di rado in corte e lo strinse a pagare sessantamila tarì, che si era una volta obbligato a dare al re, venendo a composizione, onde ottenere il possesso dei beni del padre e per opera di Majone non ne era stato mai più richiesto. Vedeva altronde Bonello in grande stato appo il re il gran camerario Adenolfo, il quale era stato confidente ed amico di Majone; e gli altri di quella fazione levar la fronte, da che era a lei venuto meno l’appoggio dell’arcivescovo di Palermo, mancato di vivere, non guari dopo il grand’ammiraglio; intantochè un Filippo Mansello, nipote del gran camerario, fu visto una sera con molti armati aggirarsi attorno la casa di lui. Egli, per far vedere d’essere all’erta sugli andamenti de’ nemici suoi e di non mancargli nè cuore nè ajuto, accompagnato anch’esso da sgherri, stiede la notte appresso intorno la casa del Mansello; ma non gli venne fatto incontrarlo.
      XII. - Fatto certo per tali fatti Bonello, che il partito di Majone, era già risorto, tenendosi mal sicuro, chiamò a consulta tutti quei baroni, che erano dalla sua, per provvedere alla salvezza comune. Proponeva taluno in quel consenso di mettere a morte il gran camerario, come colui che più degli altri si mostrava nemico di Bonello; ma i più dissero: essere più sano consiglio estirpare la radice del male non esser più da dubitare, che restando sul trono Guglielmo, non sarebbero mai mancati i Majoni, gli Adenolfi, i Manselli; il più sicuro partito esser quello di assalire il real Palazzo, trarne il re, confinarlo in una delle isole vicine alla Sicilia e metter sul trono Rugiero suo figliuolo primogenito.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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