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      Il re sulla sua fede lo promise; fattosi alla finestra, ringraziò il popolo; gli ordinò di ritirarsi e lasciare che coloro, che entro il palazzo erano, liberamente ne venissero fuori; ed essi, come uscirono di presente si recarono in Caccamo, per unirsi a Bonello che ivi s’era ridotto.
      XIII. - Tale fu l’esito di quella congiura, che costò ben cara alla Sicilia, non solo per lo sprecamento del reali tesori, ma per la morte indi seguita del piccolo Rugiero, duca di Puglia, dopo che i congiurati lo avevan proclamato re. La qual perdita fu a tutti i Siciliani dolorosissima; perochè quel principe, comechè in tenera età, dava tali speranze di sè, che generalmente si diceva, che, una col nome, erano in lui tramandate le grandi qualità dello zio e dell’avo. Si attribuiva da taluni la sua morte ad una ferita di saetta, da lui riportata mentre il popolo assaliva il real palazzo, per mettere in libertà il re. Altri davano alla sua morte più dolente cagione. Si diceva che il fanciullo, visto il padre rimesso in libertà, tutto festevole era corso a lui; ma ne era stato respinto con un calcio, di che preso da forte battisoffia, era morto poco dopo in braccio alla madre.
      Re Guglielmo intanto, sopraffatto dal ricevuto oltraggio, cadde in tale oppressione d’animo che, deposto il regio manto, si stava accoccolato in terra, amaramente piangendo; tolto l’antico divieto, a tutti era dato avvicinarsi a lui, ed a tutti narrava piangendo, in atto commiserevole, il caso avvenutogli. Finalmente, confortato dai vescovi, si recò nella gran sala, contigua al palazzo, ed ivi congregato il popolo, si diede a ringraziarlo di ciò che avea fatto per lui, e ad esortarlo a conservar sempre la stessa fedeltà. Confessava d’essere stata la disgrazia accadutagli un gastigo di Dio, per la sua mala condotta, prometteva emendarsi, dichiarava sè esser pronto a concedere ai sudditi quanto da loro fosse chiesto, che tornasse in lor bene; diceva, volere abrogare tutte le consuetudini nel suo regno introdotte, per cui o veniva ristretta la libertà dei cittadini, o venivano essi gravati di pesi straordinarii ed illegali; e finalmente, in merito del servizio prestato, concesse al popolo di Palermo l’esenzione di tutte le gabelle nel comprare, vendere o portare in città ogni maniera di prodotti della terra, di che fu quel popolo oltre modo lieto, per non averlo mai per lo passato potuto ottenere.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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