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      Raunava un grand’esercito il re, per sottometterli; ma, prima di mettersi in camino, il conte di Marsico gli fece considerare, che era ben da credere che i ribelli avessero secreta intelligenza con Bonello, nemico perniciosissimo, perchè occulto; essere imprudente menarlo seco o lasciarlo libero indietro. Guglielmo posto in non cale il giuramento, aderì a quel consiglio; e, per esser pericoloso arrestarlo palesamente, aggiungendo allo spergiuro il tradimento, lo chiamò a se, e, mentre senza sospetto s’inoltrava nelle regie sale, fu preso e chiuso in oscurissimo carcere, ove, con barbarie inaudita, gli furono cavati gli occhi e troncati i garretti (263). Presi ed accecati furono al tempo stesso Matteo di Cantaluccia, congiunto di lui, e Giovanni Romano suo siniscalco.
      Saputo in città il funesto caso, gli uomini di Bonello, i suoi familiari, gli amici e gran parte di popolo, corsero in armi, per trarlo di forza dalla prigione. Ciò era stato ben preveduto; il real palazzo era chiuso e munito; i tentativi per espugnarlo riuscirono vani; l’inutilità degli sforzi attutò l’ira della marmaglia; gli stessi amici dì Bonello indi in poi cominciarono a mostrarglisi avversi, per non dar sospetto di sè. Solo un Ivone cercò di vendicarlo in parte mettendo a morte con un fendente il gran camerario Adenolfo, uno de’ più accaniti nemici del suo signore; ma soprappreso dai sergenti della corte, per ordine della stessa n’ebbe troncata la destra. Tale fu la fine infelicissima di Matteo Bonello, per non aver tenuta presente la massima d’un barone scozzese di quell’età, che chi tira la spada contro il re, deve gittarne il fodero.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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