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      ) scelsero Stefano.
      Promosso così costui alle due più eminenti dignità dello stato e della chiesa, cominciò a condursi in modo da cattare l’altrui benevolenza, e meritare l’applauso di tutti. Pensando che Riccardo Palmeri avea perduto i lucri, che traeva dall’amministrazione della carica di gran cancelliere, gli assegnò in quella vece due casali, addetti a quella carica, con questo che l’uno, da lui si godesse finchè restava presso il reo l’altro fosse perpetuamente annesso alla mensa episcopale di Siracusa; ma quello, che non poteva sgozzare la perdita dell’autorità, che avea, e dell’arcivescovado di Palermo, che contava d’avere, lunghi di sapergli alcun grado del beneficio, non si lasciò mai scappar la congiuntura di nuocergli. L’ingratitudine di lui accorava, ma non distoglieva il gran cancelliere dal suo proponimento di recidere gli abusi del governo e punire severamente i malfatti, quali che i malfattori si fossero; di che esempî luminosi si narrano.
      Erano in quei dì venuti in Palermo a dimandare alcun che dal governo certi Pugliesi; menata buona la dimanda, per la spedizione del sovrano decreto si diressero ad un Pietro notajo di corte, che congiunto era del gran protonotajo e come lui uso alle estorsioni. Negavasi costui a farlo senza una grossa mangerìa; il gran cancelliere, cui coloro ebbero ricorso, fece spedire il decreto da un’altro notajo, vi appose il suggello, e quelli tutti lieti si misero in via. Il notajo Pietro, non vistili più venire a lui, suppose come l’affare era ito; e, corso loro appresso, li soprapprese, tolse loro il decreto, ne ruppe il suggello, lo lacerò, li sopraccaricò di vellanie e di bastonate.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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