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      I Siciliani divennero allora prodi, impazienti di giogo, spesso feroci, anche più spesso sediziosi. Indi venne, che quando i baroni erano strettamente legati al re, la nazione acquistava una forza straordinaria. Nei tempi andati le principali città dell’isola erano capitali di piccoli stati indipendenti, spesso nemici e sempre rivali; la loro emulazione esaltava lo spirito pubblico e dava luogo a grandi azioni; ma la nimicizia loro apriva sempre il varco allo straniero; Atene e Cartagine poco mancò che non avessero sottomessa l’isola intera, e ciò che esse non poterono, Roma finalmente lo potè. Ma sotto i principi normanni la nazione siciliana, rannodata dai suoi re e dai suoi baroni, ben seppe difendere l’indipendenza che avea riacquistata. Finchè visse Tancredi lo svevo Arrigo, malgrado i dritti suoi e le prepotenti sue forze, non potè mai metter piede stabile nel regno; e tale unanimità di sforzi die’ luogo nel secolo d’appresso ad azioni anche più gloriose; come poi la scissura frai baroni portò gl’interni sconvolgimenti e la straniera dominazione. Ed i tempi meno remoti, le vergognose gare tra le principali città, suscitate ad arte dal dominatore straniero ed alimentate da miserabili scrittori, produssero l’avvilimento e l’oppressione di tutte.
      CAPITOLO XXV.
      I. Disordini nella minorità di Federico. - II. Suo matrimonio. - III. Invasione dell’imperatore Ottone. Promozione del re all’impero. - IV. Origine delle scissure tra il papa e Federico: coronazione di lui. - V. Guerra coi Saraceni.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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