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      Gli uni e gli altri andavano erratiMentre potente era in Italia la fazione ghibellina; molte delle città dello stato romano erano occupate dalle armi di Federigo e molte per lui si erano dichiarate; e numerosi erano i ghibellini in Roma e fra’ cardinali (357); papa Innocenzio finchè stava in Roma, non potea menare contro il re imperadore quei grandi colpi, che digrumava; e però, da una mano lo menava per parole, mostrandosi inchinevole a venire all’accordo, dall’altra secretamente spediva un frate minore ad Obizzo dei Fieschi suo fratello, per chiedergli l’armata genovese che venisse a levarlo. Avuto l’avviso che quell’armata era già a Civitavecchia, rotte le trattative, colà di soppiatto si recò.
      XI. - Giunto appena in Lione convocò un concilio al quale chiamò i prelati d’Europa: ma nel fatto vi si recarono i soli nemici di Federigo. Il santo re di Francia, conoscendo a quali scandali avrebbe dato luogo il procedimento del papa, si recò egli stesso in Lione per pregarlo a desistere; alla sua si unirono le istanze, che per loro messi facevano i re d’Inghilterra e di Aragona; ma non poterono torlo giù; stizzito anzi delle toro istanze, rispose minacciando; che al fin dei fini si sarebbe pacificato col dragone per ischiacciar poi i serpenti minori. Nè miglior frutto fecero il patriarca di Antiochia, l’arcivescovo di Palermo, Taddeo di Sessa e Pietro delle Vigne, spediti colà dal re imperadore per discolparlo. Adunati tutti i prelati, i quali eran colà chiamati, non per discutere, ma per validare colla loro presenza i decreti papali, il pontefice con solenne apparato pubblicò in nome del concilio, che certo non merita tal nome, la bolla per la quale dichiarava Federigo eretico, nemico della Chiesa, scomunicato, e conchiudea: «Dichiariamo spogliato da Dio di ogni onore e dignità il sopradetto principe, il quale si è reso tanto indegno di onori, di dignità, di regno, d’impero e che pei suoi peccati e per la sua iniquità è stato da Dio dannato a non regnare, nè imperare.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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