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      Di che è chiaro argomento un giudicato dell’anno 1250, pubblicato dal Pirri (384). Era allora gran giustiziere Riccardo da Montenero, e giudici Giovanni Martorana, Andrea di Capua, Roberto di Palermo e Durando di Brindisi; la sentenza è profferita in nome di tutti cinque e da tutti sottoscritta.
      Non accade qui far parola dell’alta corte dei pari; ciò sarebbe una vana ripetizione di quanto altrove si è detto; imperocchè gli scrittori dell’epoca normanna fanno bensì conoscere l’esistenza di questo eminente tribunale, col riferirne i giudicati; ma noi ne ignoreremmo le attribuzioni, senza la legge bandita dal parlamento di Melfi, la quale conservò ai conti, ai baroni, ai militi ed a tutti coloro che tenevano feudi in capite, il dritto, che loro dava la costituzione del regno, di essere giudicati da’ loro pari (385).
      V. - Tali erano i magistrati costituiti in tutti i dominî del demanio; ma imperfetto sarebbe stato l’ordine tutto, nè avrebbe potuto conseguire il grande oggetto di frenare ogni privata violenza, se si lasciavano le corti baronali nello stato, in cui erano. Per la costituzione stessa del governo feudale i baroni erano annoverati fra’ magistrati del regno; perocchè la concessione del feudo dava loro il dritto di esigere tutti i proventi di esso e di esercitarvi giurisdizione; e per che costituivano magistrati, che amministravano le rendite ed esercitavano in loro nome le funzioni giudiziarie. Ma la legge avea ristretti i confini di tali pericolose prerogative. Essi non potevano gravare gli abitatori del feudo di nuovi tributi oltre a quelli nella concessione descritti; e re Rugiero avea espressamente dichiarato di essere l’esercizio del mero impero, o sia della giustizia criminale, dritto di regalia, appartenente al solo principe; e però ne erano stati spogliati tutti coloro che lo godevano anche per concessione del conquistatore.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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