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      XVII. - Collo stesso studio, con cui cercava di accrescere la produzione de’ suoi campi, procurava di avere vantaggioso spaccio delle sue derrate, per la via del commercio; e, perchè in quell’età tutto il commercio d’Europa era ristretto nel Mediterraneo, Federigo si era sempre mantenuto in pace co’ re d’Affrica e coi soldani d’oriente, co’ quali avea conchiusi più trattati, e di continuo andavano e venivano dall’una all’altra parte ambasciatori e ricchi presenti. Uno scrittore coevo dice che prima della sua morte avea Federigo ricevuti dodici cameli carichi d’oro e d’argento; il che fu cosa da credere, perciocchè ei trafficava con tutti i soldani d’oriente, e con le sue merci i suoi negozianti correvano a conto di lui sino alle Indie per terra e per mare (449). Nè lasciava egli scappare alcun destro per vender con vantaggio le sue derrate. Scriveva una volta al maestro portulano di qua del fiume Salso che spedisse in Ispagna od in Barbaria il frumento che era in suo potere, ove si sarebbe venduto a miglior mercato (450); ed al segreto di Palermo altra volta ordinava di caricare una nave grande e due barche minori di frumento, e se non ne avea quantità sufficiente ne comprasse e lo spedisse in quei luoghi ove se ne potea avere miglior prezzo (451). Di tali disposizioni assai altre se ne trovano nel registro delle sue lettere; ma le lettere stesse ci fanno conoscere, che il commercio che si faceva allora in Sicilia era commercio del re, non del regno. La sola imposta del quinto sull’asportazione delle derrate era sufficiente ad impedire che il privato negoziante potesse mandarne fuori.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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