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      Aggiungansi a ciò i latinismi che tuttora usa la plebe siciliana; come il dire marmura per marmi; usare la voce magnu, nello stesso significato dell’avverbio latino magnum, dicendosi: magnu nn’avi; magnu nni vitti, per dire assai ne ha; assai ne vidi; e chiamare frangiri e rifrangiri il primo ed il secondo lavorio della terra.
      Comechè lievi fossero stati per la pronunzia tali alterazioni, vennero a cambiar del tutto la natura della lingua latina; perocchè, tolte le desinenze primitive, non fu più differenza di casi, di generi e spesso anche di numeri; e però la lingua non avrebbe potuto più servire ad esprimere le idee. I pronomi vi furono sostituiti, e si cominciò a dire illa notti, ista nuci, istu pedi, illi manu, isti omini, e per aferisi la, sta, stu, li, sti.
      Tali cambiamenti non avrebbero prodotto l’intero dialetto siciliano, se il popolo non avesse parlata prima la lingua greca, la quale venne a piegarsi alla desinenza ed alle modificazioni della nuova. Indi nasce la gran quantità di voci manifestamente di greca origine, di cui abbonda il dialetto siciliano (462); indi il cambiamento della b in v, per cui da bibere, brachium, bos, bucca, etc. si fece viviri, vrazzu, vo’ e voi, dal genit. bovis, e vucca; indi i tanti composti dalla preposizione kata come catamiari, catacogghiri, cataminari, catanannu, ecc. Dai Greci presero i Siciliani a formare alcuni verbi, de’ nomi, per esprimere con più forza certi atti delle persone; dal grillo che tien le ali e le cosce strette al busto, si disse ’ngriddiri e ’ngriddutu a chi pel gran freddo tutto si stringe in stesso; dal subito scappare dello stesso animale nacque sgriddari; dalle lepade, che si dice potedda, venne impatiddiri, divenire stupido ed immobile per la sorpresa.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Greci Siciliani