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      Fremè di rabbia l’Angioino al sentire, che il re d’Aragona, ch’egli credea le mille miglia lontano, era già in Sicilia signore di tutta l’isola e con grandi forze gli correa addosso. Forse più che la perdita del regno in lui potea la stizza, per essere stato deluso. Pure fidandosi delle sue forze a gran pezza superiori alle nemiche, scrisse a re Pietro una lettera, nella quale dopo le maggiori villanie minacciavalo dello stesso destino di Manfredi e di Corradino, se ostinavasi più oltre a cozzar coll’autorità della Chiesa (vedi che avea che fare la Chiesa colle brighe tutte temporali dei papi!) e colla sua alta potenza, che riducea in piano i monti, convertiva in dritto il torto e rendea piane le vie difficili (521). Re Pietro gli rispose di serbar per le lepri e per le rane quelle vane minacce; rimproveravagli le crudeltà e le oppressioni da lui fatte ai Siciliani; diceagli che la morte di Manfredi e di Corradino, di cui tanto vampo menava, erano appunto la sua ignominia, che le lacrime dell’infelice madre di quel re innocente avean finalmente impetrata l’eterna giustizia; che egli era venuto a vendicarlo ed a ripigliare un regno legittimamente dovuto alla sua regina figliuola del re Manfredi, e che quel Dio che avea fin’allora favorito la sua impresa, avrebbe presto fatto sparir dalla terra lui e la sua gente; e che presto vedrebbe qua’ colpi meni il braccio aragonese e qual pro abbia tratto dall’uccisione dei re e dal sangue sparso degl’innocenti (522).
      Nè vano era il minacciare di re Pietro, che prima di muover da Palermo, avea dato ordine al suo grande ammiraglio Rugiero di Lauria di unire tutte le galee siciliane alle sue, correre inaspettatamente al faro e distruggervi l’armata angioina.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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