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      Pel primo articolo il parlamento andò dritto allo scopo con proporre in prima che il re ripigliasse le isole, città, terre, castelli e luoghi del demanio, che altri teneva in baronia o in rettoria; dachè erasi introdotta nelle guerre civili la rea usanza che i più potenti baroni occupavano le città demaniali, dichiarandosene rettori, e con questo titolo vi sceglieano gli officiali tutti, ne appropriavan le gabelle, i territorî, le rendite, insomma le appropriavano.
      Nel fare, in seguito di quella proposizione, lo esame delle terre e città che apparteneano al demanio, il re e ’l parlamento processero con somma avvedutezza e giustizia. Scelse il re sei frai suoi consiglieri, tre Catalani, e tre Siciliani, e furono il cardinal Serra vescovo di Catania, il conte di Modica Bernardo Caprera, Raimondo Xatmar, il maestro razionale Niccolò Crisafi, il protonotaro Giacomo Arezzi e Corrado Castello. Sei ne scelsero i rappresentanti dei comuni, e furono i giurisperiti Salimbene Marchese e Giacomo Denti giudici della gran corte, Novello Podilepori da Siracusa, Rinaldo Landolina da Noto, Luca Cosmerio da Palermo, Vitale Falesio da Girgenti. Tutti dodici formarono un consiglio, cui fu affidato quell’esame. Ed allora vennero registrate tutte le città dichiarate demaniali: ed indi in poi restò come un principio del dritto pubblico siciliano, che nessuna di quelle potesse in qualunque modo staccarsi dal demanio senza consenso del parlamento.
      Dalla composizione di quel consiglio, da cui furono affatto esclusi i baroni, ed anche più da gli atti stessi di quel parlamento, si vede che essi vi ebbero una parte meramente passiva.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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