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      I messinesi scelsero a loro procuratore in quel parlamento i due nobili Giovanni Staiti e Ludovico Bonfiglio, e ’l giurisperito Giovanni Antonio Gotto.
      Si aprì finalmente il parlamento addì 10 d’agosto. Tumultuosissima ne fu la prima tornata. Pretesero i procuratori di Messina aver la precedenza su quelli di Palermo: il vicerè ordinò che per quella volta pigliassero il solito posto, ed in appresso, esaminate le ragioni delle due città, si sarebbe diffinito intorno a ciò. Il Bonfiglio e ’l Gotto (lo Staiti era per malattia restato in casa) risposero, che avrebbero prima sofferto la morte, che cedere il posto. Il regio tesoriere Niccolò Leofante palermitano disse allora essere ciò manifesto indizio di ribellione. Perdè la scrima a que’ detti il Bonfiglio; in pien parlamento diegli una solenne mentita e, tratta la spada, minacciollo di fargli rientrare quelle parole in gola. Per tale temerità il vicerè fece carcerare i due procuratori di Messina presenti, e pe ’l segretario del governo Antonio Sollima da Messina fece intimar l’arresto in casa allo Staiti. Saputosi ciò in Messina, la plebe tenendo il Sollima traditore della patria, levossi in capo e corse per incendiar la sua casa: pure venne fatto ai maggiorenti di acquetar quella sommossa. Intanto i procuratori di tutte le altre tre città intercessero presso il vicerè in favore di que’ di Messina, ed ebbero libertà.
      Quetato queI trambusto, si aprì la seconda tornata. Proposta l’imposizione di quel dazio, lo Staiti, eloquente com’era, cominciò a far conoscere l’estrema miseria, cui il regno era ridotto, e l’assoluta impotenza di soggiacere a quell’enorme imposta, e soggiunse che in ciò egli avea in mira il vantaggio di tutto il regno, più che quello di Messina; dachè Messina col suo dissentire veniva a perdere quindicimila scudi, promessile dal vicerè, oltre l’esenzione del dazio.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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