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      Ma quei sussidî traevansi sempre legalmente, nè davan ragion di querela. Vero è che una forte dissensione accadde nel parlamento del 1591. Era vicerè il conte d’Albadalista uomo severo anzi che no, il quale nella punizione de’ delitti procedea ex abrupto, ciò che dalla legge era vietato, tranne in certi casi (596). Il soverchio rigore nell’amministrazione della giustizia bastava in que’ tempi a rendere un vicerè odioso a’ grandi; e d’Albadalista lo divenne. Convocato il parlamento, i bracci ecclesiastico e demaniale votarono, per accordarsi i chiesti sussidî, Il braccio militare, in cui sedeano i baroni del regno, disse che si diano et si confermino a S. M. non solo questi donativi dati di sopra, ma, l’istessa vita e sangue nostro, e de’ nostri figli, per altri tre anni, con conditione però che S. M. resti servita mantener a questo suo fidelissimo regno li suoi privileggi et capitoli, che con sì liberale et larga mano li serenissimi suoi predecessori gli hanno concesso, et giurato d’osservare, e precisamente S. M. ancora, et in particolare quello del serenissimo re Giovanni sopra il non potersi procedere ex abrupto, il quale da pochi anni in qua contra la mente di S. M. è stato violato.
      Per quanto si fosse disputato, i baroni non vollero staccare un pelo dal loro voto. Il vicerè, convocato il sacro consiglio, propose, se potea egli accettare i sussidî accordati da due soli bracci del parlamento, ed esigger le imposizioni, malgrado il dissenso del terzo; e ’l consiglio rispose del sì. Congregatisi di bel nuovo i tre bracci, la maggior parte de’ baroni si contentavano, che il vicerè con atto pubblico ordinasse l’ordinanza di quelli capitoli e promettesse l’approvazione del re.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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