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      Il governo credea porvi riparo con bandire a quando a quando pene a coloro che macellavano animali bovini, e premî a coloro che li moltiplicavano: ma tali provvedimenti non produceano l’effetto che si volea, anzi il male di giorno in giorno accresceasi. Per darvi riparo il principe di Castelvetrano presidente del regno mise fuori nel 1573 (col parere del sacro consiglio) una nuova prammatica, nella quale furono trasfuse tutte le antecedenti disposizioni. Si stanziò: che non potessero pegnorarsi vacche e loro rede infra l’anno per qual si fosse debito, tranne il prezzo delle stesse e il pascolo: che coloro, che avessero cinquanta vacche o più, fossero esenti dal peso di dare alloggio a’ soldati, e chi ne avesse dieci potesse, non ostante qualunque divieto, portar l’archibugio fuori città: che fosse assolutamente vietato il macellare animali bovini in qual si fosse luogo, pena mille scudi e tre anni di prigionia in un castello pe’ nobili, in galera pe’ plebei: si permettea macellare otto vacche per ogni centinajo che uno ne avea, purchè fossero di guasto (e ciò dovea farsi osservare al segreto e ai giurati), si macellassero in un sito designato e non altrove, e la loro carne non si vendesse più di grani due e mezzo il rotolo; era anche permesso il macellare bovi inutili al lavoro, purchè ciò si facesse costare ai magistrati municipali e la loro carne si vendesse da maggio a 15 luglio a grani cinque e quattro danari il rotolo, da mezzo luglio a tutto agosto e ne’ mesi di marzo ed aprile a grani sei e denari due, da settembre a novembre a grani sette, e in dicembre, gennaio e febbrajo a grani sei e denari quattro: finalmente il permesso di macellar giovenchi dovea ottenersi direttamente dal governo, e la carne di essi non potea vendersi oltre di grani otto il rotolo.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Castelvetrano