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      Poche citazioni non bastano a distruggere un’argomento sì forte.»
      Veramente l’argomento non è tanto forte, quanto il signor K. X. Y. lo crede. Invece di conchiudere che i soli argomenti d’induzione non bastano a distruggere l’autorità di Dante, di Petrarca e di tutti gli antichi scrittori, egli conchiude che tali autorità (ch’egli chiama poche citazioni) non bastano a distruggere un suo argomento d’induzione. Ma qual è poi questo grande argomento? Che non è da credere che la lingua italiana sia nata in Sicilia; perchè dopo Federigo e Manfredi quella tanto vantata preminenza svanì tutt’a un tratto, e la lingua siciliana si vede tosto abbassata alla condizione di uno dei più strani dialetti; è evidente che nacque in Toscana; perchè senza di ciò non potea durare per secoli nell’invidiabile bellezza, in cui fu scritta da Cino e fra Guittone. Or se il signor K. X. Y. avesse saputo che, anche prima che fosse nata la lingua, in cui scrivessero i poeti che viveano in corte di Federigo, i Siciliani parlavano lo stesso dialetto di oggidì, avrebbe conosciuto che la lingua non s’abbassò alla condizione di dialetto; ma sparì allo sparir di quei due principi, che riunivano nella loro corte tutti gli ingegni leggiadri che la scriveano; ed i Siciliani restarono a parlare quel dialetto, che prima parlavano. Quel seme poi, che dalla corte di Sicilia fu sparso per tutta Italia, attaccò maggiormente in Toscana; ma non certo pegli scritti di Cino, di fra Guittone, di Brunetto e degli altri di quell’età, che son da tenersi in pregio come le anticaglie, solo perchè mostrano lo stato delle arti nelle antiche età; ma se la lingua fosse restata nello stato, in cui la usavano costoro, non sarebbe mai stata altro che un dialetto, tanto inferiore al dialetto siciliano, che il sig.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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