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      Anche più calunniosa è l’accusa fatta a Manfredi. Costui avrebbe potuto indursi a commettere il delitto per l’ambizione di succedere nel regno al morto fratello; ma in questo caso non dovea lasciarsi scappare il baliato del regno, che in forza del testamento paterno a lui spettava nell’assenza di Corrado; egli invece tollerò in pace che Corrado contro la paterna disposizione avesse lasciato bailo il marchese di Bembourg; anzi, se è da credere all’Anonimo, offertogli il baliato dal moribondo re e dallo stesso marchese, lo ricusò, e dal quel momento si ritrasse a menar vita privata; a qual pro adunque commettere il delitto? È poi da considerare che questo suposto avvelenamento è solo asserito da un Fra Tolomeo da Lucca e dai due Malaspina, tutti e tre guelfi accaniti, e da Giovanni Villani, che copiò i Malaspina; i quali tutti si contraddicono sul narrare i fatti, le circostanze ed il modo con cui dicono di esser stato dato il veleno. Ma, senza contare Matteo Spinelli, che schiettamente narra i fatti come diariamente accadevano, e dice d’esser stata naturale la morte di Corrado, Pietro Eurbio biografo contemporaneo d’Innocenzio IV, che scrivea secondo il dettato di lui, che di tanti delitti accagiona Manfredi, non fa motto di tale fratricidio; e lo stesso papa Innocenzio, che non ebbe ritegno a calunniar Corrado, imputandogli l’avvelenamento di Arrigo, che di tanti delitti fa reo Manfredi nelle sue lettere, non fa alcun motto di questo fratricidio, e certo non avrebbe lasciato di menarne gran rumore, se la calunnia avesse alcun che di simile al vero.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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