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      Per altro la verità cattolica è così manifesta, e nelle sagre Scritture e nella costante tradizione di tutti i Padri così bene e sodamente appoggiata, che moltissimi degli stessi nostri contraddittori non hanno avuto l'ardire di negarla in tutta la sua estensione, e solo si sono appigliati, come portava il loro mal'animo, al cattivo partito di restringerla e debilitarla in modo, che divenisse inutile affatto, o non restasse di lei che il solo nome ed un difforme fantasma. Pensa Fr. Paolo con varj altri suoi copisti e discepoli, che all'ecclesiastica podestà appartenga solo il decidere in che consista l'errore, vale a dire, quale sia la massima dalla quale scostandosi un Fedele divien colpevole di questo delitto; ma vuole poi che il giudicare del fatto, vale a dire, come quando e da chi sia stato commesso appartenga ai sovrani. Nella quale supposizione voi ben vedete, che alla Chiesa viene accordato il solo diritto di dichiarare l'errore, e non quello di giudicar dell'Eretico; ed il suo giudizio diviene piuttosto un magistero il quale istruisce, che un tribunale che condanna. Trovo io in questa cabala non che il mal'animo, che ha sempre nudrito costui contro la podestà della Chiesa, ma l'impura sorgente altresì di quel rifugio, al quale, come vi dissi nella seconda mia lettera, si sono appigliati i Giansenisti per debilitare la condanna de' loro errori, distinguendo [176] nelle condanne de' libri il diritto dal fatto. Anche Fr. Paolo ha fatto una consimile distinzione nella condanna degli Eretici, ed aveva anch'esso avuto in mira il pregiudizio dell'ecclesiastica podestà non meno di costoro, che l'hanno imitato dappoi.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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