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      eveniente sin dai tempi apostolici e il non distinguerlo dai giudizj ulteriori del foro sagramentale, che è sempre stato tutt'altro che quello di cui parliamo. Ma che altro erano mai, ripiglia acconciamente al nostro proposito il Martene(464), le pubbliche penitenze, che un perenne esercizio di quell'autorità di cui si tratta? ed oltre la privazione di molti beni spirituali in che altro si occupavano che in quelle pene e castighi temporali che sono in questione? Leggete Gioanni Morino, il Tommasino, il lodato Martene e quant'altri hanno scritto sui riti è costumanze antiche, e trovarete in tutti moltissime di quelle pene colle quali frenar suole la Chiesa anche ai dì nostri i colpevoli. Logore e rozze vesti li ricoprivano; avevano i lombi cinti di aspri cilicj: lunghi digiuni li estenuavano: di cenere portavano asperso il capo: e lunghe e disaggiate stazioni e dirotti pianti, e laboriose prostrazioni, e nojose solitudini e ritiri, ed una totale privazione d'ogni esteriore decorazione e sollievo li accompagnavano: e non sono queste pene tutte corporali e sensibili? e non corrispondono ai digiuni, agli abiti di penitenza, agli esercizj di divozione, a certi sequestri e ritiri ed alle pubbliche abjure che s'impongono anche adesso alla maggior parte di coloro, che sono dalla loro Irreligione condotti al tribunal della Fede? Certo che tra: quelle non leggonsi le carceri, i flagelli e gli esilj, che si praticano talvolta ai giorni nostri: ma non tutte pervennero a nostra notizia le penitenze antiche, quantunque non lasci il Martene di mettere tra queste anche il carcere.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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