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      Nullae profecto a Fidei censoribus in [391] causa haereseos poenae infliguntur, quas sacri canones non praescripserint; mitiores vero a juri pontificio, graviores ac longe plures in iisdem Religionis causis a Caesareo indictae sunt, quarum severitatem vel ipse Genevensis Senatus, agente Calvino, adversus Michaelem Servetum haereseos insimulatum aliquando exercuit. Damnent igitur oportent Concilia, Pontifices, Imperatores, suos ipsos magistratus, qui eam ob rem de sacro Fidei tribunali praepostere adeo atque injuriose obloquuntur. Già vi ho dimostrato in altra mia, che la morte stessa non è pena che ecceda il reato di chi indocile si ostina nell'eresia, nella quale non è stato educato: ond'è che il disapprovarla non è un'opporsi soltanto ai diritti dell'una e dell'altra legislazione, ma alle stesse dimostrazioni più manifeste e palmari. Pensate poi se saranno eccedenti i ritiri, le carceri, i flagelli e le penose fatiche, le quali usa adesso il tribunale comunemente, e che sono tanto distanti da quel rigore, che usò la Chiesa fin dal suo nascere per riconciliare i peccatori, quanto il cielo dalla terra. Era ben'altro tenere allora gli uomini in penitenza per un sol peccato quindici o vent'anni, come confessa il Fleury che si praticava ne' primi secoli della Chiesa per tradizione apostolica(857), e talvolta per tutto il corso della vita; tenerli per anni intieri fuori della porta della chiesa esposti al disprezzo di tutto il mondo; poi per altri anni farli stare dentro la chiesa prostrati a terra; obbligarli a portar cilicj ai lombi, cenere sul capo, incolta la barba ed i capelli, digiunare per mesi interi a pane ed acqua, ed a passare e settimane e mesi ed anni ancora nella più rigida osservanza di monasteri austerissimi; era, dissi, ben'altro questo rigore che soffrire la vergogna di una pubblica abbjura, il ritiro di qualche mese, e qualche discreto digiuno e breve esercizio di pietà, al quale è ridotto adesso per ordinario il castigo che dà il tribunale agli Eretici.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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