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      Imperciocchè a non voler'esentare affatto da ogni castigo la maggior parte dei più scellerati colpevoli, conviene che chi nega l'uso dei tormenti accordi doversi dare ai rei indiziati gravemente di delitti capitali senza che possano purgare gl'indizj colla tortura, la molestia almeno straordinaria di una lunga carcerazione, di esilio o altra consimile, le quali se non giungono a punire il delitto, non lo lasciano però affatto immune da ogni correzione e servono agli altri di qualche freno e riparo. Questo è lo stato a cui riducono un preteso infelice colpevole tutti coloro, che non vogliono che sia tormentato. Egli ha da comparire necessariamente colpevole agli occhj del pubblico, e ha da soggiacere nel foro esteriore per indispensabile disposizione a lunghe e penose molestie. Or qual sarà mai se non è questo un nuovo genere di crudeltà inaudita? Togliere ad un'infelice ogni mezzo onde provvedere alla propria riputazione e salvezza, e rendere a lui inevitabili quelle pene, che forse non ha meritate in alcun modo, e contro le quali si possono ritorcere tutti i rimproveri, ch'essi promovono contro i tormenti? E agitati da tante furie, lordi di tanto sangue e fra tante incoerenze e sciocchezze hanno l'ardire di raccomandare agli altri la moderazione e dolcezza? E possono senz'arrossire raccomandarla ai tribunali ecclesiastici e specialmente a quello del S. Officio, in cui s'incontrano ad ogni passo contrassegni evidenti di singolare moderazione e clemenza? Ah! Non meritano d'essere da voi ascoltati: e dopo d'aver'inteso con quanto torto oppongano al tribunale del S. Officio la crudeltà e rigore, confessate colla solita vostra ingenuità, che le maldicenze e calunnie dei nostri avversarj allora sono più insussistenti, quando sono replicate con maggiore asseveranza e franchezza; e riconoscete nel tribunale quella moderazione, che conviene ad un tribunale della Chiesa, ed in me quell'invariabile desiderio di servirvi, che conviene ad un vero amico e in attenzione di ulteriori comandi mi dichiaro


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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