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      Il primo argomento lo trovate ripetuto più volte in ogni capitolo del libro pavese; il secondo lo accenna in più luoghi, e specialmente alla pagina 216., dove dice; che sebbene gli Apostoli avessero ricevuta da Cristo la podestà anche straordinaria, nunquam eadem usi sunt ad interimendos Haereticos et seductores; e più diffusamente in tutto l'ultimo capo: il terzo finalmente alla pagina 203., dove dice della Chiesa, che nullum excipit, nisi credentem; nullus autem credit, nisi volens; e nel suddetto ultimo capo, dove aggiungne, e colle sue solite ciance pretende di sostenere, che jus gladii restringitur... a privata civium conscientia, quae vma ab humana potestate non patitur. Tutto è stato proposto, e tutto è sembrato insussistente e ridicolo a S. Agostino. L'argomento preso dalla cristiana mansuetudine e dolcezza pare che, come dei Tollerantisti moderni, così sia stato una volta la delizia di Petiliano, che lo ha [508] ripetuto tante volte negli eloquenti suoi scritti, che giunse quasi a stancare l'eroica sofferenza di sì gran Santo. Quest'è la nenia, dic'egli(1137), che senza sapere ciò che si dicano hanno in bocca con maggior frequenza: emendateci con dolcezza: Hoc est quod isti non intelligentes inter calumnias suas solent habere praecipuum: emendet me justus in misericordia, et arguat me. Ma che conto ne fece S. Agostino di sì ripetuti clamori? Li disprezzò sempre costantemente, e coi più giusti rimproveri e colle più sode risposte li mostrò in più luoghi insussistenti e ridicoli.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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