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      Fra dònna maritata ed uòmo che non siale marito non può èsservi incolpevolmente altra intima relazione che una gara di giusta stima fondata sopra conoscimento di vere virtù; fondata sulla persuasione che siavi d'ambe le parti, prima d'ogni altro amore, un amore saldo dei pròpri doveri.
      Abbòrri come somma immoralità il rapire ad uno spòso gli affetti di sua moglie. S'egli è degno d'essere amato da lèi, la tua perfidia è un delitto atroce. Se non è marito stimabile, le colpe di lui non t'autorizzano a degradare la infelice che gli è compagna. Per la moglie d'un cattivo marito non v'è scelta: ella dee rassegnarsi a tollerarlo ed èssergli fedele. Colui che, sotto il pretèsto di volerla consolare, la tragge ad amore colpevole, è un crudele egoista. E se la intenzione di lui fosse anche pietosa, questa è pietà illusoria, funèsta, riprovevole. Innamorando quella dònna, aumenteresti la sua infelicità: aggiungeresti all'angòscia sua d'avere un marito non amabile quella d'odiarlo sèmpre più amando te ed esagerandosi i tuoi prègi: v'aggiungeresti forse tutti i tormenti della gelosia di suo marito, v'aggiungeresti la straziante consapevolezza in lèi d'essere rèa. La dònna mal maritata non può avere altrimenti pace, se non mantenendosi irreprensibile. Chi le promette un'altra pace, mentiste e la trascina nel dolore.
      Vèrso le dònne che ti saranno care per le loro virtù, bada, quanto vèrso le fanciulle, a non far nascere ingiuriosi sospètti a cagione dell'amicizia che avrai per loro. Sii circospètto nel mòdo con che di esse parlerai ad uòmini usi ad abbiètti giudizii.


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Dei doveri dell'uomo
di Silvio Pellico
Casa Editrice Italiana Milano
1873 pagine 79