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      Oh come al rivedere i venerati vecchi io m'era commosso, trovandoli notabilmente più aggravati dall'età che non m'immaginava! Quanto avrei allora voluto non abbandonarli più, consacrarmi a sollevare colle mie cure la loro vecchiaia! Quanto mi dolse, ne' brevi giorni ch'io stetti a Torino, di aver parecchi doveri che mi portavano fuori del tetto paterno, e di dare così poca parte del mio tempo agli amati congiunti! La povera madre diceva con melanconica amarezza: "Ah, il nostro Silvio non è venuto a Torino per veder noi!". Il mattino che ripartii per Milano, la separazione fu dolorosissima. Il padre entrò in carrozza con me, e m'accompagnò per un miglio; tornò indietro soletto. Io mi voltava a guardarlo, e piangeva, e baciava un anello che la madre m'avea dato, e mai non mi sentii così angosciato di allontanarmi da' parenti. Non credulo a' presentimenti, io stupiva di non poter vincere il mio dolore, ed era forzato a dire con ispavento: "D'onde questa mia straordinaria inquietudine?". Pareami pur di prevedere qualche grande sventura.
      Ora, nel carcere, mi risovvenivano quello spavento, quell'angoscia; mi risovvenivano tutte le parole udite, tre mesi innanzi, da' genitori. Quel lamento della madre: "Ah, il nostro Silvio non è venuto a Torino per veder noi!" mi ripiombava sul cuore. Io mi rimproverava di non essermi mostrato loro mille volte più tenero. "Li amo cotanto, e ciò dissi loro così debolmente! Non dovea mai più vederli, e mi saziai così poco de' loro cari volti! e fui così avaro delle testimonianze dell'amor mio!


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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