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      Mi chiese ciò ch'io volessi per colezione. Uscì, e qualche minuto dopo mi portò il caffè.
      Io lo guardava in faccia fissamente, con un sorriso malizioso che voleva dire: "Porteresti tu un mio viglietto ad altro infelice, al mio amico Pietro?". Ed egli mi rispose con un altro sorriso che voleva dire: "No, signore; e se vi dirigete ad alcuno de' miei compagni, il quale vi dica di si, badate che vi tradirà".
      Non sono veramente certo ch'egli mi capisse, né ch'io capissi lui. So bensì ch'io fui dieci volte sul punto di dimandargli un pezzo di carta ed una matita, e non ardii, perché v'era alcun che negli occhi suoi, che sembrava avvertirmi di non fidarmi di alcuno, e meno d'altri che di lui.
     
      CAPO V
     
      Se Tirola, colla sua espressione di bontà, non avesse anche avuto quegli sguardi così furbi, se fosse stata una fisionomia più nobile, io avrei ceduto alla tentazione di farlo mio ambasciatore, e forse un mio viglietto giunto a tempo all'amico gli avrebbe data la forza di riparare qualche sbaglio, - e forse ciò salvava, non lui, poveretto, che già troppo era scoperto, ma parecchi altri e me!
      Pazienza! doveva andar così.
      Fui chiamato alla continuazione dell'interrogatorio, e ciò durò tutto quel giorno, e parecchi altri, con nessun altro intervallo che quello de' pranzi.
      Finché il processo non si chiuse, i giorni volavano rapidi per me, cotanto era l'esercizio della mente in quell'interminabile rispondere a sì varie dimande, e nel raccogliermi, alle ore di pranzo ed a sera, per riflettere a tutto ciò che mi s'era chiesto e ch'io aveva risposto, ed a tutto ciò su cui probabilmente sarei ancora interrogato.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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Pietro Tirola