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      Alla fine della prima settimana m'accadde un gran dispiacere. Il mio povero Piero, bramoso, quanto lo era io, che potessimo metterci in comunicazione, mi mandò un viglietto, e si servì non d'alcuno de' secondini, ma d'un disgraziato prigioniero che veniva con essi a fare qualche servigio nelle nostre stanze. Era questi un uomo dai sessanta ai settant'anni, condannato a non so quanti mesi di detenzione.
      Con una spilla ch'io aveva, mi forai un dito, e feci col sangue poche linee di risposta, che rimisi al messaggero. Egli ebbe la mala ventura d'essere spiato, frugato, colto col viglietto addosso, e, se non erro, bastonato. Intesi alte urla che mi parvero del misero vecchio, e nol rividi mai più.
      Chiamato a processo, fremetti al vedermi presentata la mia cartolina vergata col sangue (la quale, grazie al cielo, non parlava di cose nocive, ed avea l'aria d'un semplice saluto). Mi si chiese con che mi fossi tratto sangue, mi si tolse la spilla, e si rise dei burlati. Ah, io non risi! Io non poteva levarmi dagli occhi il vecchio messaggero. Avrei volentieri sofferto qualunque castigo, purché gli perdonassero. E quando mi giunsero quelle urla, che dubitai essere di lui, il cuore mi s'empì di lagrime.
      Invano chiesi parecchie volte di esso al custode e a' secondini. Crollavano il capo, e dicevano: "L'ha pagata cara colui... non ne farà più di simili... gode un po' più di riposo". Né volea no spiegarsi di più.
      Accennavano essi a prigionia ristretta in cui veniva tenuto quell'infelice, o parlavano così perch'egli fosse morto sotto le bastonate od in conseguenza di quelle?


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Piero