Pagina (15/201)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Come li corregge quando vede che mi spiacciono! Come capisce che lo amo, quando accarezza o regala alcuno de' suoi compagni! Nessuno al mondo se lo immagina, eppure io, stando alla finestra, posso essere una specie d'educatore per quella povera creaturina. A forza di ripetere il mutuo esercizio de' segni, perfezioneremo la comunicazione delle nostre idee. Più sentirà d'istruirsi e di ingentilirsi con me, più mi s'affezionerà. Io sarò per lui il genio della ragione e della bontà; egli imparerà a confidarmi i suoi dolori, i suoi piaceri, le sue brame: io a consolarlo, a nobilitarlo, a dirigerlo in tutta la sua condotta. Chi sa che tenendosi indecisa la mia sorte di mese in mese, non mi lascino invecchiar qui? Chi sa che quel fanciullo non cresca sotto a' miei occhi, e non sia adoperato a qualche servizio in questa casa? Con tanto ingegno quanto mostra d'avere, che potrà egli riuscire? Ahimè! niente di più che un ottimo secondino o qualch'altra cosa di simile. Ebbene, non avrò io fatto buon'opera, se avrò contribuito ad ispirargli il desiderio di piacere alla gente onesta ed a se stesso, a dargli l'abitudine de' sentimenti amorevoli?"
      Questo soliloquio era naturalissimo. Ebbi sempre molta inclinazione pe' fanciulli, e l'ufficio d'educatore mi parea sublime. Io adempiva simile ufficio da qualche anno verso Giacomo e Giulio Porro, due giovinetti di belle speranze ch'io amava come figli miei e come tali amerò sempre. Dio sa, quante volte in carcere io pensassi a loro! quanto m'affliggessi di non poter compiere la loro educazione! quanti ardenti voti formassi perché incontrassero un nuovo maestro che mi fosse eguale nell'amarli!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Giacomo Giulio Porro