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      Forse qualche secondino gli disse dov'io era. Un mattino, aprendo la sua finestra, fece sventolare il fazzoletto in atto di saluto. Io gli risposi collo stesso segno. Oh quale piacere mi inondò l'anima in quel momento! Mi pareva che la distanza fosse sparita, che fossimo insieme. Il cuore mi balzava come ad un innamorato che rivede l'amata. Gesticolavamo senza capirci, e colla stessa premura, come se ci capissimo: o piuttosto ci capivamo realmente; que' gesti voleano dire tutto ciò che le nostre anime sentivano, e l'una non ignorava ciò che l'altra sentisse.
      Qual conforto sembravanmi dover essere in avvenire quei saluti! E l'avvenire giunse, ma que' saluti non furono più replicati! Ogni volta ch'io rivedea Gioia alla finestra, io faceva sventolare il fazzoletto. Invano! I secondini mi dissero che gli era stato proibito d'eccitare i miei gesti o di rispondervi. Bensì guardavami egli spesso, ed io guardava lui, e così ci dicevamo ancora molte cose.
     
      CAPO XI
     
      Sulla galleria ch'era sotto la finestra, al livello medesimo della mia prigione, passavano e ripassavano da mattina a sera altri prigionieri, accompagnati da secondini; andavano agli esami, e ritornavano. Erano per lo più gente bassa. Vidi nondimeno anche qualcheduno che parea di condizione civile. Benché non potessi gran fatto fissare gli occhi su loro, tanto era fuggevole il loro passaggio, pure attraevano la mia attenzione; tutti qual più qual meno mi commoveano. Questo triste spettacolo, a' primi giorni, accresceva i miei dolori; ma a poco a poco mi v'assuefeci, e finì per diminuire anch'esso l'orrore della mia solitudine.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Gioia