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      Risposi al loro saluto, e dissi che m'era vietato di parlare.
      Venne l'attuario che m'avea fatto gl'interrogatorii, e m'annunciò con mistero una visita che m'avrebbe recato piacere. E quando gli parve d'avermi abbastanza preparato disse: "Insomma, è suo padre; si compiaccia di seguirmi".
      Lo seguii abbasso negli uffici, palpitando di contento e di tenerezza, e sforzandomi d'avere un aspetto sereno che tranquillasse il mio povero padre.
      Allorché avea saputo il mio arresto, egli avea sperato che ciò fosse per sospetti da nulla, e ch'io tosto uscissi. Ma vedendo che la detenzione durava, era venuto a sollecitare il Governo austriaco per la mia liberazione. Misere illusioni dell'amor paterno! Ei non poteva credere ch'io fossi stato così temerario da espormi al rigor delle leggi, e la studiata ilarità con che gli parlai lo persuase ch'io non aveva sciagure a temere.
      Il breve colloquio che ci fu conceduto m'agitò indicibilmente; tanto più ch'io reprimeva ogni apparenza d'agitazione. Il più difficile fu di non manifestarla quando convenne separarci.
      Nelle circostanze in cui era l'Italia, io tenea per fermo che l'Austria avrebbe dato esempi straordinarii di rigore, e ch'io sarei stato condannato a morte od a molti anni di prigionia. Dissimulare questa credenza ad un padre! lusingarlo colla dimostrazione di fondate speranze di prossima libertà! non prorompere in lagrime abbracciandolo, parlandogli della madre, de' fratelli e delle sorelle, ch'io pensava non riveder più mai sulla terra! pregarlo con voce non angosciata che venisse ancora a vedermi, se poteva!


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





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