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      Cosa strana! Sono appunto dal conte e dal gendarme condotto all'albergo della Luna.
      Un cameriere strabiliò vedendomi, ed accorgendosi (sebbene il gendarme e i due satelliti, che faceano figura di servitori, fossero travestiti) ch'io era nelle mani della forza. Mi rallegrai di quest'incontro, persuaso che il cameriere parlerebbe del mio arrivo a più d'uno.
      Pranzammo, indi fui condotto al palazzo del Doge, ove ora sono i tribunali. Passai sotto quei cari portici delle Procuratie ed innanzi al caffè Florian, ov'io avea goduto sì belle sere nell'autunno trascorso: non m'imbattei in alcuno de' miei conoscenti.
      Si traversa la piazzetta... E su quella piazzetta, nel settembre addietro, un mendico mi avea detto queste singolari parole "Si vede ch'ella è forestiero, signore; ma io non capisco com'ella e tutti i forestieri ammirino questo luogo: per me è un luogo di disgrazia, e vi passo unicamente per necessità".
      Vi sarà qui accaduto qualche malanno?
      Sì, signore; un malanno orribile, e non a me solo. Iddio la scampi, signore, Iddio la scampi!
      E se n'andò in fretta.
      Or, ripassando io colà, era impossibile che non mi sovvenissero le parole del mendico. E fu ancora su quella piazzetta, che l'anno seguente io ascesi il palco donde intesi leggermi la sentenza di morte e la commutazione di questa pena in quindici anni di carcere duro!
      S'io fossi testa un po' delirante di misticismo, farei gran caso di quel mendico, predicentemi così energicamente esser quello un luogo di disgrazia. Io non noto questo fatto se non come uno strano accidente.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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