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      Tutti? Oh sta a vedere che non sono il solo che s'arrabbii per quella broda.
      Non voglio dir questo, signore. Ah s'ella sapesse!... Se potessi versare il mio misero cuore nel suo!...
      Ma non piangete così. Che diamine avete? Vi domando perdono, se v'ho sgridata a torto. Credo benissimo che non sia per vostra colpa che m'ebbi un caffè così cattivo.
      Eh! non piango per ciò, signore.
      Il mio amor proprio restò alquanto mortificato, ma sorrisi.
      Piangete adunque all'occasione della mia sgridata, ma per tutt'altro?
      Veramente sì.
      Chi v'ha dato dell'ingannatrice?
      Un amante.
      E si coperse il volto dal rossore. E nella sua ingenua fiducia mi raccontò un idillio comico-serio che mi commosse.
     
      CAPO XXIX
     
      Da quel giorno divenni, non so perché, il confidente della fanciulla, e tornò a trattenersi lungamente con me.
      Mi diceva: "Signore, ella è tanto buona, ch'io la guardo come potrebbe una figlia guardare suo padre".
      Voi mi fate un brutto complimento;
      rispondeva io, respingendo la sua mano "ho appena trentadue anni, e già mi guardate come vostro padre."
      Via, signore, dirò: come fratello.
      E mi prendeva per forza la mano, e me la toccava con affezione. E tutto ciò era innocentissimo.
      Io diceva poi tra me: "Fortuna che non è una bellezza! altrimenti quest'innocente famigliarità potrebbe sconcertarmi".
      Altre volte diceva: "Fortuna ch'è così immatura! Di ragazze di tale età non vi sarebbe pericolo ch'io m'innamorassi".
      Altre volte mi veniva un po' d'inquietudine, parendomi ch'io mi fossi ingannato nel giudicarla bruttina, ed era obbligato di convenire che i contorni e le forme non erano irregolari.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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