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      Aspettai più d'una settimana, ed intanto ei mi scriveva ogni giorno di tutt'altro, e per lo più d'oscenità.
      Lo pregai di ricordarsi la risposta di cui mi era debitore, e gli raccomandai di voler applicare il suo ingegno a pesar veramente tutte le ragioni ch'io gli avea portate.
      Mi rispose alquanto rabbiosamente, prodigandosi gli attributi di filosofo, d'uomo sicuro, d'uomo che non avea bisogno di pesare tanto per capire che le lucciole non erano lanterne. E tornò a parlare allegramente d'avventure scandalose.
     
      CAPO XL
     
      Io pazientava per non farmi dare del bigotto e dell'intollerante, e perché non disperava che, dopo quella febbre di erotiche buffonerie, venisse un periodo di serietà. Intanto gli andava manifestando la mia disapprovazione alla sua irriverenza per le donne, al suo profano modo di fare all'amore, e compiangeva quelle infelici ch'ei mi diceva essere state sue vittime.
      Ei fingeva di creder poco alla mia disapprovazione, e ripeteva "Checché borbottiate d'immoralità, sono certo di divertirvi co' miei racconti; - tutti gli uomini amano il piacere come io, ma non hanno la franchezza di parlarne senza velo; ve ne dirò tante che v'incanterò, e vi sentirete obbligato in coscienza d'applaudirmi".
      Ma di settimana in settimana, ei non desisteva mai da queste infamie, ed io (sperando sempre ad ogni lettera di trovare altro tema, e lasciandomi attrarre dalla curiosità) leggeva tutto, e l'anima mia restava - non già sedotta - ma pur conturbata, allontanata da pensieri nobili e santi.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201