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      Dall'infanzia in poi non era mai stato credulo a streghe e folletti, ed or quelle risa e que' gemiti mi atterrivano, e non sapea come spiegar ciò, ed era costretto a dubitare s'io non fossi ludibrio d'incognite maligne potenze.
      Più volte presi tremando il lume, e gridai se v'era alcuno sotto il letto che mi beffasse. Più volte mi venne il dubbio che m'avessero tolto dalla prima stanza e trasportato in questa perché ivi fosse qualche trabocchello, ovvero nelle pareti qualche secreta apertura, donde i miei sgherri spiassero tutto ciò ch'io faceva e si divertissero crudelmente a spaventarmi.
      Stando al tavolino, or pareami che alcuno mi tirasse pel vestito, or che fosse data una spinta ad un libro, il quale cadeva a terra, or che una persona dietro a me soffiasse sul lume per ispegnerlo. Allora io balzava in piedi, guardava intorno, passeggiava con diffidenza, e chiedeva a me stesso s'io fossi impazzato od in senno. Non sapea più che cosa, di ciò ch'io vedeva e sentiva, fosse realtà od illusione, e sclamava con angoscia:
      Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me?
     
      CAPO XLVI
     
      Una volta, andato a letto alquanto prima dell'alba, mi parve d'avere la più gran certezza d'aver messo il fazzoletto sotto il capezzale. Dopo un momento di sopore, mi destai al solito, e mi sembrava che mi strangolassero. Sento d'avere il collo strettamente avvolto. Cosa strana! Era avvolto col mio fazzoletto, legato forte a più nodi. Avrei giurato di non aver fatto que' nodi, di non aver toccato il fazzoletto, dacché l'avea messo sotto il capezzale.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Deus