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      Alzammo alquanto la voce, e le sentinelle gridarono. Il soprintendente, che per mala ventura passava da quella parte, si credette in dovere di far chiamare Schiller e di rampognarlo fieramente, che non vigilasse meglio a tenerci in silenzio.
      Schiller venne con grand'ira a lagnarsene da me, e m'intimò di non parlar più mai dalla finestra. Voleva ch'io glielo promettessi.
      No
      , risposi "non ve lo voglio promettere."
      Oh der Teufel! der Teufel!
      gridò "a me s'ha a dire: non voglio! a me che ricevo una maledetta strapazzata per causa di lei!"
      M'incresce, caro Schiller, della strapazzata che avete ricevuta, me n'incresce davvero; ma non voglio promettere ciò che sento che non manterrei.
      E perché non lo manterrebbe?
      Perché non potrei; perché la solitudine continua è tormento sì crudele per me, che non resisterò mai al bisogno di mettere qualche voce da' polmoni, d'invitare il mio vicino a rispondermi. E se il vicino tacesse, volgerei la parola alle sbarre della mia finestra, alle colline che mi stanno in faccia, agli uccelli che volano.
      Der Teufel! e non mi vuol promettere?
      No, no, no!
      sclamai.
      Gettò a terra il romoroso mazzo delle chiavi, e ripeté: "Der Teufel! der Teufel!". Indi proruppe abbracciandomi:
      Ebbene, ho io a cessare d'essere uomo per quella canaglia di chiavi? Ella è un signore come va, ed ho gusto che non mi voglia promettere ciò che non manterrebbe. Farei lo stesso anch'io.
      Raccolsi le chiavi e gliele diedi.
      Queste chiavigli dissi "non sono poi tanto canaglia, poiché non possono, d'un onesto caporale qual siete, fare un malvagio sgherro.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





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