Pagina (139/201)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      E se credessi che potessero far tantorispose "le porterei a' miei superiori, e direi: se non mi vogliono dare altro pane che quello del carnefice, andrò a dimandare l'elemosina."
      Trasse di tasca il fazzoletto, s'asciugò gli occhi, poi li tenne alzati, giungendo le mani in atto di preghiera. Io giunsi le mie, e pregai al pari di lui in silenzio. Ei capiva ch'io faceva voti per esso, com'io capiva ch'ei ne faceva per me.
      Andando via, mi disse sotto voce: "Quando ella conversa col conte Oroboni, parli sommesso più che può. Farà così due beni: uno di risparmiarmi le grida del signor soprintendente, l'altro di non far forse capire qualche discorso... debbo dirlo?... qualche discorso che, riferito, irritasse sempre più chi può punire".
      L'assicurai che dalle nostre labbra non usciva mai parola che, riferita a chicchessia, potesse offendere.
      Non avevamo infatti d'uopo d'avvertimenti, per esser cauti. Due prigionieri che vengono a comunicazione tra loro sanno benissimo crearsi un gergo, col quale dir tutto senza esser capiti da qualsiasi ascoltatore.
     
      CAPO LXIX
     
      Io tornava un mattino dal passeggio: era il 7 d'agosto. La porta del carcere d'Oroboni stava aperta, e dentro eravi Schiller, il quale non mi aveva inteso venire. Le mie guardie vogliono avanzare il passo per chiudere quella porta. Io le prevengo, mi vi slancio, ed eccomi nelle braccia d'Oroboni.
      Schiller fu sbalordito; disse: "Der Teufel! der Teufel!" e alzò il dito per minacciarmi. Ma gli occhi gli s'empirono di lagrime, e gridò singhiozzando: "O mio Dio, fate misericordia a questi poveri giovani ed a me, ed a tutti gl'infelici, voi che foste tanto infelice sulla terra!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Oroboni Oroboni Schiller Oroboni Teufel Teufel Dio