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      Quand'egli era convalescente, veniva talvolta a passeggiare sotto le nostre finestre. Noi tossivamo per salutarlo, ed egli guardava in su con un sorriso melanconico, e diceva alla sentinella, in guisa che udissimo: "Da sind meine Söhne! (là sono i miei figli!)".
      Povero vecchio! che pena mi mettea il vederti trascinare stentatamente l'egro fianco, e non poterti sostenere col mio braccio!
      Talvolta ei sedeva lì sull'erba, e leggea. Erano libri ch'ei m'avea prestati. Ed affinché io li riconoscessi, ei ne diceva il titolo alla sentinella, o ne ripeteva qualche squarcio. Per lo più tai libri erano novelle da calendari, od altri romanzi di poco valore letterario, ma morali.
      Dopo varie ricadute d'apoplessia, si fece portare all'ospedale de' militari. Era già in pessimo stato, e colà in breve morì. Possedeva alcune centinaia di fiorini, frutto de' suoi lunghi risparmii: queste erano da lui state date in prestito ad alcuni suoi commilitoni. Allorché si vide presso il suo fine, appellò a sè quegli amici, e disse: "Non ho più congiunti; ciascuno di voi si tenga ciò che ha nelle mani. Vi domando solo di pregare per me".
      Uno di tali amici aveva una figlia di diciotto anni, la quale era figlioccia di Schiller. Poche ore prima di morire, il buon vecchio la mandò a chiamare. Ei non potea più proferire parole distinte; si cavò di dito un anello d'argento, ultima sua ricchezza, e lo mise in dito a lei. Poi la baciò, e pianse baciandola. La fanciulla urlava, e lo inondava di lagrime. Ei gliele asciugava col fazzoletto.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Söhne Schiller