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      Il sangue fluiva a torrenti dalle arterie, ma queste vennero tosto legate con filo di seta. Per ultimo, si segò l'osso.
      Maroncelli non mise un grido. Quando vide che gli portavano via la gamba tagliata, le diede un'occhiata di compassione, poi, voltosi al chirurgo operatore, gli disse:
      Ella m'ha liberato d'un nemico, e non ho modo di rimunerarnela.
      V'era in un bicchiere sopra la finestra una rosa.
      Ti prego di portarmi quella rosami disse.
      Gliela portai. Ed ei l'offerse al vecchio chirurgo, dicendogli:
      Non ho altro a presentarle in testimonianza della mia gratitudine.
      Quegli prese la rosa, e pianse.
     
      CAPO LXXXVIII
     
      I chirurgi aveano creduto che l'infermeria di Spielberg provvedesse tutto l'occorrente, eccetto i ferri ch'essi portarono. Ma fatta l'amputazione, s'accorsero che mancavano diverse cose necessarie: tela incerata, ghiaccio, bende, ecc.
      Il misero mutilato dovette aspettare due ore, che tutto questo fosse portato dalla città. Finalmente poté stendersi sul letto; ed il ghiaccio gli fu posto sul tronco.
      Il dì seguente, liberarono il tronco dai grumi di sangue formativisi, lo lavarono, tirarono in giù la pelle, e fasciarono.
      Per parecchi giorni non si diede al malato se non qualche mezza chicchera di brodo con torlo d'uovo sbattuto. E quando fu passato il pericolo della febbre vulneraria, cominciarono gradatamente a ristorarlo con cibo più nutritivo. L'Imperatore avea ordinato che, finché le forze fossero ristabilite, gli si desse buon cibo, della cucina del soprintendente.
      La guarigione si operò in quaranta giorni.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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Spielberg Imperatore