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      Intanto, siccome i nostri bauli erano stati venduti, ci provvedemmo di biancheria e vestiti, e deponemmo la divisa carceraria.
      Dopo cinque giorni il commissario arrivò, ed il direttore di polizia ci consegnò a lui, rimettendogli nello stesso tempo il denaro che avevamo portato sullo Spielberg e quello che si era ricavato dalla vendita dei bauli e de' libri; danaro che poi ci venne a' confini restituito.
      La spesa del nostro viaggio fu fatta dall'Imperatore, e senza risparmio.
      Il commissario era il signor von Noe, gentiluomo impiegato nella segreteria del ministro della polizia. Non poteva esserci destinata persona di più compita educazione. Ci trattò sempre con tutti i riguardi.
      Ma io partii da Brünn con una difficoltà di respiro penosissima, ed il moto della carrozza tanto crebbe il male, che a sera ansava in guisa spaventosa, e temeasi da un istante all'altro ch'io restassi soffocato. Ebbi inoltre ardente febbre tutta notte, ed il commissario era incerto il mattino seguente s'io potessi continuare il viaggio sino a Vienna. Dissi di sì, partimmo: la violenza dell'affanno era estrema; non potea né mangiare, né bere, né parlare.
      Giunsi a Vienna semivivo. Ci diedero un buon alloggio nella direzione generale di polizia. Mi posero a letto; si chiamò un medico; questi mi ordinò una cavata di sangue, e ne sentii giovamento. Perfetta dieta e molta digitale fu per otto giorni la mia cura, e risanai. Il medico era il signor Singer; m'usò attenzioni veramente amichevoli.
      Io aveva la più grande ansietà di partire, tanto più ch'era a noi penetrata la notizia delle tre giornate di Parigi.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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