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      AI LETTORI.
     
      Avendo alquanto coltivato la poesia sin da' giovenili anni, e trattone dolcezza, non so cessare d'amarla, e di lasciarmi talvolta da essa ispirare scrivendo i miei più intimi pensieri e sentimenti. Così son nati i versi che oggi m'avventuro di pubblicare, sebbene sia consapevole essere in questi il buon desiderio molto maggiore del merito, e sebbene soglia dirsi nell'età nostra, giovare che gli scrittori italiani gareggiano piuttosto in moltiplicare le buone prose, che in arricchire il tesoro della poesia patria, già cotanto abbondante ed egregio. Non condanno siffatta opinione a favore delle buone prose, le quali pur vorrei vedere aumentarsi ogni giorno nella nostra letteratura, ma dimando grazia anche per le poetiche produzioni. Se svolgono affetti lodevoli e verità religiose e civili, le impressioni che fanno su gli animi possono riuscire benefiche al pari d'impressioni destate da libri morali d'altro genere.
      Non poca parte de' versi che do alla luce si riferisce precipuamente alle mie vicende, a' miei dolori, alle mie speranze, alle consolazioni recatemi dalla Fede. Mi sono chiesto se non era temerità il dipingere sì lungamente me stesso, e forse ell'è temerità infatti. M'è nondimeno sembrato che la pittura del mio cuore acquistasse un rilievo dagli oggetti nobilissimi che v'ho associato, e segnatamente dal più sublime di tutti - Iddio.
      Sospetto che avrei fatto meglio a parlare di Lui, di Religione, di Virtù, senza tanto a me medesimo por mente, ma non ho saputo.


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837, pagine 291

   





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