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      Che invidia de' laiciLe vesti e la chioma,
      Che irato sogghignaSui cenni di Roma,
      Che nutre eresiaMal cinta da vel.
     
      Ossesso quel pettoQuļete non gode
      Se in alme innocentiNon getta sua frode,
      Se non avvelenaLor candida fč:
      Ei spera, involandoCredenti al Signore,
      Estinguere il vermeChe rodegli il core,
      E dirsi: "Per gli empiCastigo non v'č
      .
     
      Tal fu lo sciagurato, onde la primaFļata io stupefatto e impaurito
      Intesi accenti di bestemmia astutiContro a' misteri, dietro cui l'eterna
      Maestą del Signore all'uom traluce.
      Avess'io a quell'apostata strappataL'indegna larva! L'avess'io al cospetto
      De' giusti vilipeso! Io stoltamenteTacqui, e volsi nel cor le rie parole
      Dell'incarnato Sątana, e sorrisiAl suo ingegnoso e perfido sorriso,
      E in forse stetti, fra i dettami austeriDa veritą segnatimi, e i dettami
      Lieti e superbi del parlante serpe.
      Da quel funesto giorno io non potei,
      No, disamar le sante are paterne,
      Ma a quando a quando io le mirava, incertoSe venerar le dovess'io, siccome
      Ne' miei dģ d'innocenza, o se pił sennoFosse obblļarle o irriderle, e aver soli
      Idoli i miei voleri e il mio ardimento.
      Cosģ varcai l'adolescenza, e gli anniToccai di giovinezza, ebbro di studi
      E di speranza nelle forze innateDel mio altero intelletto. E pure i templi
      Secreto avean per me fascino sempre!
      E sovente io gettava i baldanzosiLibri, e fuggģa le argute, empie congreghe,
      Per raddurmi solingo e sconfortatoSotto i tuoi grandļosi archi vetusti,
      Lugdunense Basilica, ove i primiApostoli di Gallia hanno sepolcro!
      Oh bella chiesa! Quante volte prono


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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