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      Ascendemmo del duomo inosservati!
      Quante volte in quegli archi ei mi traea,
      E là susurravam detti pacatiSul beneficio d'ogni eccelsa idea,
      Sui vantaggi dell'are all'uom recati,
      Sulla filosofia maravigliosaChe della Chiesa in ogni rito è ascosa!
     
      Oh allorquando vi penso, io spero ognoraChe, pria di morte almen, quell'alto ingegno
      Avrà veduta la söave auroraDel promesso agli umani eterno regno!
      Spero che quella forte anima ancoraNodrito avrà del ciel desìo sì degno,
      Che quel Dio che sol vuole essere amatoAvrà i tardi sospiri anco accettato!
     
      Con reverenza visitava io pureAltre in Milano vetustissim'are:
      Quella ov'a Sant'Ambrogio ama sue cureIl buon Lombardo con fiducia alzare,
      Ed il sacel, dove Agostin le impureFiamme alfin volle in sacra onda smorzare,
      E colà volgev'io nella mesta almaSete di verità, sete di calma.
     
      Ed in talun di quegli alberghi santiUna donna io vedea ch'erami stella;
      E a lei movendo i guardi miei tremanti,
      S'umilïava mia ragion rubella:
      Mi parea ch'a me un angiolo davantiStesse per me pregando, e allora in quella
      Amica del Signor ponendo io speme,
      Ah sì, diceva, in ciel vivremo insieme!
     
      Ma de' templi alla mistica dolcezzaVinto non era appien l'orgoglio mio:
      Il passo indi io traea con leggerezza,
      E i gravi intenti rimettea in obblio:
      Rossor prendeami appo colui che sprezzaChi, pari al volgo, osa implorare Iddio:
      Io mi volgeva a Dio, ma come Piero,
      Interrogato, ahi! rinnegava il vero!
     
      E poi non come Piero io mi pentivaCon dïuturno, generoso pianto;
      Incostante nodrìa fede mal viva,
      E a guisa d'infedele oprava intanto:


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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