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      Chiede e in un largisce amor.
     
      Indelebil mi sei, giorno lontanoAllor che in giovenili anni a me stanza
      Era söave lido oltramontano:
     
      Cessava la sacrilega burbanzaDalla falsa republica ostentata
      Contro la dolce degli altar possanza;
     
      E l'ardito mortal che, rovesciataLa licenza volgar, lo scettro prese,
      Volle che laude fosse a Dio ridata.
     
      Da lungo tempo augusta dalle chiesePompa uscita non era d'alternanti
      Supplici turbe a fervid'inni intese,
     
      Ricordavano solo alcuni santiVecchi le amate feste, ove il Signore
      Passeggiava cogli uomini preganti.
     
      Di repente riviver lo splendoreEcco di quelle feste a' Franchi lidi,
      Ad un cenno del Corso Imperadore.
     
      E con gara magnifica allor vidiIl popolo esultar, che finalmente
      Fosser compressi di bestemmia i gridi:
      E la città del Rodano opulenteSfoggiò tappeti e drappi ed archi e troni
      Al quaggiù ridisceso Onnipotente.
     
      Gioiva la caterva udendo i buoniRacconti de' vegliardi, ed esclamava:
      Di novo esser del ciel vogliam campioni!
     
      Intanto ognun con dignità n'andavaQua e là per le strade brulicando,
      O a' pensili balconi susurrava,
     
      Lo spettacol santissimo aspettando.
     
      Del cannone il fragor nuncio prorompe,
      E da ogni parte ecco seguir silenzio;
      La procedente pompa in quell'istantePrese le mosse avea del tempio. E oh quale
      In tutta quella turba apparìa sensoMisto di gaudio, di stupor, d'ossequio,
      Di terror sacro! E nel quadrivio tuttiProtendeano la testa, impazïenti
      D'appagar le pupille in quel sublimeIntervenir del Re dell'universo
     
      Tra le infelici vie che de' mortaliCingon le case!
      Il cinguettìo s'andava


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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