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      Per le italiche sponde ramingando,
      Molle sovente avesse la pupillaSui rei trionfi dell'estranio brando:
      Chiesta venìa talor se una favillaPrevedesse di scampo, e come, e quando;
      Ed allor rispondea più corrucciata:
      Stirpe forse vegg'io dal fango alzata?
     
      Inteneriasi poscia, ed agli afflittiLuce, dicea, non fulge or di speranza!
      Ma da viltà cessate e da delitti,
      E crescete ad onor la figliuolanza.
      A nulla giova favellar di dritti,
      E gli avi rammentar con gran burbanza:
      D'ammendati parenti all'opre solePuote ribenedetta andar la prole
      .
     
      Ma i più ascoltavan, e movean la testa,
      E tenean la fatidica per pazza;
      E lungh'anni durò la ria tempestaDegl'invasori sull'iniqua razza.
      Tutta convenne tracannar la infestaDi servitù e d'obbrobrio amara tazza;
      Sepolta andonne civiltà, e con penaDopo secoli ancor ripigliò lena.
     
      Manda, o Signor, lo spiro tuo possenteNe' padri che al mio tempo han la tutela
      Della patria speranza adolescente!
     
      Quanto sia gran tesoro ad essi svelaUn'affidata nova alma immortale,
      Cui tanti move assalti corruttela.
     
      In padri e genitrici un'ansia egualeDesta sì, che ne' figli i pensier santi
      La possa degli esempi non affrale!
     
      La madre allor ne' dolci cuori piantiProfonda e pia di bell'amor semenza
      Per tutte l'opre ad alta fè guidanti;
     
      E il genitor protegga, la innocenza,
      E la scorti, e la eserciti, e la inforziContr'ogni non vitale, empia, scienza.
     
      Caldo zelo ad estinguer non si sforziLa nobil vigoria de' giovani anni,
      Ma pïamente il fidar troppo ammorzi,
     
      Sì che delle inesperte anime i vanniLuce, lontan dal vero Sol, cercando,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Sol