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      Tanto più ti stupiscon da ogni parteQuel bosco là della vallea romita:
      Là le fumanti capannette sparte;
      Là un torrente fra scogli che s'irrìta,
      E mormorando e spumeggiando parte;
      E colà un altro che sue rapid'ondeRotola verso il piano, e in lui s'infonde.
     
      Qui il ciel sovente è limpido zaffiro,
      E spande fulgidissima la luce,
      Poscia improvvisa là sui gioghi io miroNube che tuoni e fulmini conduce,
      E ne' rami degli alberi uno spiroFreme di vento, or lusingante, or truce,
      E in tutte quelle cose è un'armoniaChe scuote l'alma ed al Signor l'avvia.
     
      Venìa meco Tancredi, ed ammutitiOr contemplando questo, or quell'obbietto,
      Più gioïvam perchè fra noi partitiSensi cotanti d'intimo diletto
      Scorger ne fean quanto da Dio fornitiD'unanime eravam mente ed affetto:
      Tacean le lingue, ma l'alterno sguardoIl söave dicea sentir gagliardo.
     
      Più oltre i passi producemmo, e alfineI delùbri toccammo desïati:
      Su ciascun di essi vaghe ombre son chineD'olmi vetusti, sotto a cui posati
      Già si son peregrini e peregrine,
      Ora in polve dispersi ed ignorati.
      Quanti, com'io, veduto han queste rive!
      Tutti son morti, e quella ombra sorvive!
     
      Il pio silenzio di tai sedi appellaA veridici e gravi pensamenti.
      Scende sul cor rimorso, e lo flagella,
      Ma speme santa mitiga i tormenti.
      Scerne l'uom ch'ogni vita si scancella,
      Quasi che gli anni suoi fosser momenti,
      E invaso allor da salutar terrore,
      S'umilia, e invoca, e trova il Redentore.
     
      Oh! chi d'uopo non ha di chi il redima?
      Qual adulto vivente è immacolato?
      Chi non desìa tornar ciò che fu prima,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Tancredi Dio Redentore