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      Anzi al mondo brillò Roma divina.
     
      Voce tonò fra i nobili intelletti:
      Questo è il secol fecondo, in cui gagliardeE fantasìa e ragione
      Le lor potenze spiegano a vicenda;
      Destano, è ver, gli spirti maledettiNuove eresìe, ma vieppiù fervid'arde
      Zelo di verità nella tenzone,
      E fia che pel Concilio indi più splenda:
      Per queste grandi lutteLe insorte larve sperderansi tutte".
     
      Gloria su quell'età fulse immortale;
      Ma nè per la gentil magìa de' carmi,
      Nè pei dipinti insigni,
      Nè per più gravi studi, e nè pel forteDato da' santi di virtù segnale,
      Non s'antepose caritade all'armi,
      Non s'ambiron costumi alti e benigni;
      Chè di superbia sempre le ritorteScevràr dai pochi buoni
      La turba degli stolti e de' ladroni.
     
      Vidi un'età delle sue forze altera,
      Che di filosofia luce si disse:
      Garrì coi re, coll'are,
      Supplizi eresse, e libertate offrìo;
      Indi men rea si fece, e più guerriera,
      Ed adorò il mortal che più l'afflisse;
      Poi veggendo crollato il Luminare,
      A somme altre fortune alzò il desìo;
      Sempre mutava insegna,
      Giurando inalberar la più condegna.
     
      Voce sonava in gallica favella,
      E le favelle tutte eco le fero:
      Squarciato il velo abbiamo,
      Che per gran tempo de' cristiani al ciglioCelò del ver la salutar facella!
      Ripigliam de' pagani il bel sentiero;
      Forza, piacere, astuzia idolatriamo;
      Sia vilipeso di pietà il consiglio;
      Così l'umana polveSostien suoi dritti, e da viltà si svolve".
     
      Gloria di brandi e di scïenze e d'artiCinse allor la fatal razza europea,
      Ma non s'udì che i pettiFosser men crudi che all'età trascorse:
      Vivi lampi emanàr da tutte parti,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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