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      Con più sicura man rigetterestiDel secol nostro gli abbaglianti inganni,
      E tutti i lumi tuoi foran celesti.
     
      Ma fu per te misericordia certo,
      Che tu morissi pria dell'ora, in cuiTrassi prigione in bolgie, ove deserto
      In grandi strazi per due lustri io fui.
     
      Le ambasce mie, le ambasce d'altri amiciTroppo avrian tua pietosa alma squarciata:
      Chi vive sulla terra a' dì infelici,
      Troppo ne' danni i soli danni guata.
     
      Invece, assunto, come spero, al locoOve in tutte sue parti il ver risplende,
      Veduto avrai che di sventura il focoTalor sana gli spirti a cui s'apprende.
     
      Veduto avrai siccome io, debol tantoQuando i miei dì fulgean più dilettosi,
      Nel supremo dolor contenni il pianto,
      E mia fiducia nell'Eterno posi.
     
      Veduto avrai siccome, fatto io predaDi lunghe dubitanze sciagurate,
      Solo in carcer la diva afferrai teda,
      Che mie maggiori tenebre ha sgombrate.
     
      Veduto avrai, dentr'anime più pure,
      Che non era la mia, nel duol costrette,
      Stimol gagliardo farsi le sciagureA volontà più fervide e più elette.
     
      Commiserato avrai noi doloranti,
      E reso grazie a Dio, tutti scernendoDell'oprar suo sublime i fini santi,
      Pur quando sovra l'uom tuona tremendo.
     
      Tu mel dicevi un giorno, ed io superboCrederlo non potea! Tu mel dicevi:
      Dio non si mostra a sua fattura acerbo,
      Se non perchè l'amata a lui s'elèvi".
     
      Non tutte sue fatture hann'uopo egualeDi venir da procella aspra battute,
      Ma tai ve n'ha che senza orrendo straleIn fiacca letargìa sarian cadute.
     
      Nondimen di mia forza ancor non posso,
      No, glorïarmi, e spesse volte ancoraSon da tristezza e da pietà commosso,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Eterno Dio