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      (Ep. ad Hebr. 2. 18).
     
      Ah, nell'uom non v'è possa costante!
      E quell'io che poc'anzi era forte;
      Di repente in mestizia di morteSento l'alma di novo languir!
      Grave incarco per me stessoPortar so di giorni amari,
      Ma pacato de' miei cariRicordar non so il martìr.
     
      Questa almen, questa grazia dimandoNell'affanno che oppresso mi tiene,
      Che del mio Federico alle peneTalor possa conforto versar:
      Ch'io tal volta ridir possaA quel mesto amico mio,
      Che per lui non cesso a Dio
      Preci e gemiti alternar.
     
      Ma nessuno a mia brama risponde!
      Passan gli anni, e chi sa se frattantoQuell'amato i suoi giorni di pianto
      Sulla terra strascini tuttor?
      Alto duol pensarlo estinto,
      Alto duol pensarlo in vita!
      Gronda sangue la feritaPiù profonda del mio cor.
     
      A te volgo i miei lai, Divin Figlio,
      Che, sospeso in patibolo atroce,
      Una lagrima giù dalla croceSulla Madre lasciavi cader.
      Pe' dolori tuoi mortali,
      Di tua Madre pe' dolori,
      Ah ti degna i nostri cuoriNell'angoscia sostener!
     
      Dalla croce una lagrima pureSull'eletto Giovanni spargevi:
      Ogni dolce pietà conoscevi,
      Benedetta è da te l'amistà.
      Benedici ogni memoriaChe m'avvince a Federico:
      Voti innalzo per l'amico,
      Per me voti innalzerà!
     
      E se avvien che il dovuto propostoDi non mai querelarci obblïamo,
      Ti sovvenga che debili siamo,
      E che i forti anche ponno languir.
      Ti sovvenga che tu pureD'uman frale andasti cinto,
      Che tristezza allor t'ha vinto,
      Ch'eri stanco di patir.
     
     
     
      TERESA CONFALONIERI.
     
      Lux justorum laetificat.
      (Prov. 13. 9)
     
      No, pia, no, gentile,
      Per me non sei morta!
      Ti veggio, simìleAd angiolo sorta,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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