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      Ove occorrean contr'ingiustizia schermi,
      E l'impulso ch'ei diede a' patrii ingegniVerso i nobili fatti e i pensier degni.
     
      Sua immensa carità, suo santo ardireSuscitogli appo il trono alti nemici;
      A impudenti rampogne, a spregi, ad ire,
      Grida si mescolar calunniatrici:
      Nudrir fu detto scellerate mire,
      Tutti i dolenti a sè facendo amici;
      Dei regi udissi schernitor chiamato,
      Che il lituo avea sopra gli scettri alzato.
     
      Lasciava ei che la collera stridesse.
      E della Chiesa ognor sostenne il dritto:
      Finchè vestigi sulla terra impresseContro a sè vide mosso empio conflitto;
      Ma se alcun della grazia ai lampi cesse,
      Con gioia obbliò Carlo ogni delitto;
      E spesso tal, che più l'aveva offeso,
      Alfin d'amor per lui sentiasi acceso.
     
      Gl'implacati di Carlo abborritoriQuai tra' mortali furo? I farisei!
      La più abbietta genìa di traditori!
      Color che in ogni età sono i più rei!
      Color che della Chiesa ambìan gli onori,
      Poi core e mente ribellaro a lei!
      Que' sacerdoti che fautor si fannoDi sfrenatezza eretica e d'inganno!
     
      Chi è quell'infelice maledettoChe porta in fronte i torvi occhi di Giuda,
      E come Giuda si percuote il petto,
      Perchè più in rimirarlo altri s'illuda?
      Schiavo sempre viss'ei d'iniquo affetto?
      Di virtù l'alma ebb'egli sempre ignuda?
      O dopo aver d'amor di Dio avvampato,
      Cadde e non sorse, ed a Satàn s'è dato?
     
      Per quai sequele di misfatti orrendeScritte nel libro degli eterni guai,
      Dove cancellatrice più non scendeDel sangue di Gesù stilla giammai,
      Un mortifero bronzo oggi egli prende,
      E d'empia gioia brillano i suoi rai?


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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