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      Riede ogni giorno in quegli alberghi mesti,
      E vi sparge opportun, söave detto.
      Acqueta ivi gli spirti ad ira presti,
      Ispira cortesìa col dolce aspetto:
      Il sincero ammendarsi o loda o sprona,
      E i migliorati cuori guiderdona.
     
      Ma pur fuori del carcere infiniteDonne e fanciulle in duol veggionsi immerse,
      Che per amor falliro e fur tradite,
      Ed ahi! di fama più non vivon terse.
      Rïalzarsi vorrìan, ma da inauditeSorti vittima son d'alme perverse:
      Sottrarsi anelan da periglio ed onta;
      Ov'è una destra a sostenerle pronta?
     
      Tal destra ecco a lor tendersi! ed è quellaD'una mortal, che, siccom'angiol monda,
      Pur contro al suo decoro non appellaL'inchinarsi a infelice vagabonda,
      L'udirla con dolcezza di sorella,
      L'aprirle un tetto ove il suo pianto asconda.
      D'afflitte ed oltraggiate a molta schieraQuel pio rifugio è di virtù carriera.
     
      Non somiglia a prigion, non è prigione;
      Ad entrarvi le ree non son costrette:
      Nè quelle, che invocata han tal magione,
      Ivi da forza fremon quindi strette.
      Asilo è d'alme per rimorso buone,
      Che lavorano e gemono solette,
      E pregano il Signor pel mondo tristo,
      Che il lor fallir con empio scherno ha visto.
     
      Poscia che fu quel mite albergo erettoPer pensier della donna generosa,
      Provvide ella che attiguo un altro tettoSorgesse a secondar vaghezza ascosa
      D'ammendate, che in velo benedettoL'anima aver chiedeano a Gesù sposa:
      Un solo tempio i duo ricovri unisce,
      E il mutuo canto i lutti ivi addolcisce.
     
      Talor io di quel tempio in segregataParte mi prostro, e mesco i preghi miei
      A quelli della pia turba scampata


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Gesù