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      Tal esser può, restando pur nel mondoE in convenevol, fulgida eleganza,
      Chi nutre del Vangel senno profondo,
      Chi gode esser di Dio fatto a sembianza,
      Chi sa che spirto uman d'opre fecondoNon dee in van'ombre usar la sua possanza,
      Ma in amar Dio! ma in dimostrargli amore,
      Sempre sacrando all'altrui bene il core!
     
     
     
      LE SALE DI RICOVERO.
     
      Qui susceperit unum parvulum talemin nomine meo, me suscipit.
      (Matth. 18.5).
     
      Son pargoletto e povero e ammalato;
      Abbi pietà di me, Gesù bambino,
      Tu che sei Dio, ma in povertà sei nato!
     
      Me qui lascia la mamma ogni mattinoNel solingo tugurio, ed esce mesta
      Il nostro a procacciar vitto meschino.
     
      Ancella move a quella casa e questa,
      Ed acqua attinge e lava e assai si stanca,
      E vive appena, ed indigente resta.
     
      Qui soletto io mi volgo a destra, a manca,
      Senza dolcezza di parole amate,
      E fame ho spesse volte, e il pan mi manca.
     
      Le melanconich'ore prolungateM'empion l'alma di pianto e di paure,
      E mi sfogo in ismanie sconsolate.
     
      Amor la madre assai mi porta, e pureQuando al tugurio torna e pianger m'ode,
      Spesso le voci sue prorompon dure;
     
      Talor mi batte, e duolo indi mi rode,
      Sì che allor quasi affetto io più non sento,
      E in maligni pensieri il cor mi gode.
     
      Povera madre! il viver nello stentoEstingue nel suo spirto ogni sorriso,
      Ed anch'io più cruccioso ognor divento.
     
      Gesù, prendimi teco in Paradiso,
      O tempra la tristezza che m'irrita,
      E rasserena di mia madre il viso:
     
      Fa ch'ella trovi ad allevarmi aïta,
      Fa che deserto io non mi strugga tanto,
      Fa che un po' d'allegrezza orni mia vita.
     
      Se ad altri bimbi io respirassi accanto,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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